sabato 13 agosto 2016

Nabois Grande - L'anello

Il Nabois Grande - 2313 m - è una montagna davvero speciale che per il panorama che offre è secondo me troppo poco frequentata. I motivi probabilmente sono tanti ma a incidere sono soprattutto il forte dislivello che si deve affrontare per raggiungerne la cima dalla val Saisera (oltrei 1400 metri complessivi) e il fatto che rimane una cima insindacabilmente oscurata dal Jof Fuart che la nasconde letteralmente dietro le sue maestose pareti settentrionali. E' proprio questo secondo motivo che l'ha fatta entrare tra le cime che più desideravo salire; col tempo ho scoperto che le sensazioni che si provano nell'ammirare il panorama dalle cime maggiori sono sì belle... Ma spesso non sono così belle come quelle che si provano ammirando "i giganti" dalle cime minori. Su queste cime minori, e qualche volta sebbene minori sono anche più difficili delle cime maggiori, subisco il forte fascino del sentirmi sovrastato di svariate centinaia di metri da altre cime e cucuzzoli attorno a me. Tornando al Nabois, questa cima ha una parete nord davvero impressionante, oltre 1000 metri di calcare verticale. Su questa parete nei primi del '900 la coppia Bolaffio-Otzinger aprì una ardita via per quei tempi. I lati deboli invece sono invece quello sud, dove la salita è agevolata dalla partenza in quota nei pressi di Sella Nabois, e la spalla est dove recentemente è stato sistemato il sentiero che ne rimonta la cresta partendo poco sopra il rifugio Pellarini. La seconda via è sta utilizzata come via di salita, la discesa è avvenuta per la via normale a sella Nabois.
Alle 9 sono in partenza in val Saisera, poco oltre l'abitato di Valbruna. Parto con vari pensieri, prepara i bastoncini, calibra il GPS logger, sistema lo scarpone... Al primo bivio sbaglio strada e invece di salire col sentiero più diretto al rifugio Pellarini, salgo per il sentiero che porta prima a sella Prasnig, e poi, in discesa, al Pellarini. Questo veniale errore mi costerà circa 200 m di dislivello in più a fine giornata. Ma oggi sto bene, la cosa non mi preoccupa più di tanto e proseguo su questa via.  Arrivo a sella Prasnig, in circa un'ora e un quarto, un cartello mi indica la via per il rifugio e mi dice che ci vorrà un'altra ora e un quarto. Arriverò al rifugio con qualche saliscendi alle 11 in punto mettendoci 2 ore quindi perdendo praticamente niente rispetto alle tabelle cai utilizzando il sentiero diretto. Le pause le utilizzo per bere e per fare delle prime fotografie. Al rifugio non mi, arrivo da mezz'ora di prevalente discesa per cui le gambe sono abbastanza riposate. Poco oltre il rifugio noto la nuova indicazione per il sentiero Florit Gasparini che suggerisce di lasciare il sentiero principale, diretto a sella Nabois, per intraprendere il sentiero alpinistico di recente tracciatura. Salgo bene tra balze erbose e mughi, questi ultimi che riescono sempre a scaldare l'aria circostante in maniera incredibile... Un giorno l'uomo dovrà capire come fanno i mughi a sprigionare questo calore per utilizzare in maniera propositiva il processo... che ne so, magari d'inverno si potrebbero portare i mughi nelle case della gente! Ovviamente ci scherzo su.... però!  Si supera un primo facile tratto attrezzato poi si risale ancora un po' finché il sentiero non entra in un canale friabile dove il cavo diventa davvero utile e da la sicurezza necessaria a proseguire. Ad un certo punto si incontra la traccia della via normale a sinistra, ma ci si unisce a questa solo pochi metri sotto la vetta, dove inizia il tratto attrezzato finale che ho trovato abbastanza semplice. Prima di questo il sentiero si porta ancora un paio di volte molte vicino alla cresta esposta sulla parete nord dove le correnti d'aria creano un forte rumore che mette soggezione ancora prima di guardare giù verso i baratri. Sul tratto attrezzato finale raggiungo 5 escursionisti piuttosto rumorosi, 2 in discesa e 3 che stanno per arrivare in cima poco prima di me. Finalmente arrivo in vetta, la giornata è perfetta! Finché uno dei tre ad un certo punto apre un canale di comunicazione radio con altri personaggi sconosciuti. Uno è in escursione sul monte Elmo... Si raccontano a vicenda dove si trovano, cosa stanno facendo e cosa vedono "Io sono a nord di Tarvisio (siamo a sud-ovest in realtà), ho percorso una via alpinistica sul Gran Nabois" "Io invece vedo le Tre Cime di Lavaredo e ho confine Italia-Austria a 3 metri da me".... La discussione mi sembra un po' paradossale, due che non si conoscono si raccontano via radio cosa stanno facendo... Mah, nell'era dei social perché non utilizzare ancora il buon vecchio social via radio, non c'è molta differenza. Farei anche a meno di ascoltare, ma su una cima di circa 40 metri quadri se uno parla alla radio sei purtroppo costretto a sentirlo. Gli altri due signori sembrano più cortesi, la signora mi scatta gentilmente alcune foto di vetta per ricambiare la foto che ho fatto a loro tre. Dopo 15 minuti loro decidono di scendere, io rimango su ancora 5 minuti a godermi il silenzio e a fare ancora due foto. Impressionano da qui soprattutto le enormi e alte pareti del Jof Fuart, riesco addirittura a vedere chiaramente una persona sulla cima ovest del Fuart, la cima più alta ma di solito meno affollata. Si intuisce bene il percorso della Cengia degli Dei, coma la chiamò Julius Kugy, un'aerea e lunga cengia che attorno ai 2200-2300 metri attraversa senza soluzione di continuità (quasi) tutto il gruppo del Jof Fuart, partendo praticamente dalla cima del Vallone e terminando a forcella Mosè. Questo almeno è il tratto classico, poi se si considera tutto il gruppo Montasio Jof Fuart si può pensare ad un unico percorso che unisca la cengia degli Dei alla Grande Cengia del Montasio, guarda caso anch'essa sulla medesima quota di altezza, e che poi magari torni indietro sfruttando le cenge del Leva e del Ceria Merlone. Fotografo infine di nuovo il Montasio, le nuvole che prima attorniavano la cima ora se ne sono andate. Il Mangart e lo Jalovec invece resteranno dietro le nuvole ancora per un bel po', gli escursionisti che hanno scelto quelle mete oggi non sono stati altrettanto fortunati. Inizio a scendere anche io, dopo il tratto attrezzato prendo a destra la deviazione per la normale, raggiungo presti i tre escursionisti che supero ed in breve arrivo sul sentiero 616 che collega Sella Nabois al Pellarini. Scendo un po' per ghiaie, guadagno ancora qualche minuto. Poi seguo il sentiero ed arrivo al Pellarini che trovo piuttosto affollato, stamattina non c'era tutta questa gente. Molta gente è salita fin qui senza avere altre mete. D'altra parte si può anche capire, il rifugio in questione è secondo me uno dei più belli di tutto l'arco alpino. La vista sulla cima di Riofreddo, Alta Madre dei Camosci e Jof Fuart è spettacolare, la stessa vista che fece innamorare un certo Emilio Comici della montagna. Comici qui fece la storia dell'alpinismo, salendo per primo una via che superava il 5° grado e che aveva già fatto molte vittime illustri (vedi Spinotti) prima del suo tentativo. Non mi fermo per la birra nemmeno questa volta, mi accontento di bere un po' di acqua fresca alla sorgente poco sotto il rifugio. La discesa prosegue veloce, non vedo l'ora di arrivare nei pressi del parcheggio per togliermi gli scarponi e immergere i piedi nel torrente Saisera...

1700 metri di dislivello considerata la salita per sella Prasnig. 2h al Rifugio, 2h per la cima. 1h per la discesa al rifugio, 1 h per la discesa al parcheggio. Totale 6 ore soste escluse. Casco e set da ferrata facoltativi.

Visualizza tracciato gpx

La meta a destra; sulla sinistra il gruppo del Jof Fuart

Coralli di bosco...

Fioriture


Cima di Riofreddo, Alta Madre dei Camosci e Jof Fuart

Sella Nabois divide i due massicci

Cima Cacciatore e Lussari

la parete nord-est del Jof Fuart

Ultimo tratto attrezzato prima della vetta

Sconfinate bancate di roccia...

La piccola cima

Il Montasio con qualche nuvola

Bravo... Mi copri la torre nord!



Dettaglio della croce di vetta




Licheni

La cengia degli Dei

Verso Mangart-Jalovec


Di nuovo la cengia degli Dei

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