domenica 17 gennaio 2016

Ritorno sul monte Cuar

17 Gennaio 2016. Non torno da un po' di tempo sul monte Cuar. Esattamente dal giorno in cui nel 2014 salii, sempre con la mia compagna, lo spigolo sud, la via comune più impervia per arrivare in cima. Quel giorno presi lo spavento più grande che abbia mai preso in montagna, per qualche secondo il sangue mi si gelò nelle vene. Mi ci sono voluti diversi giorni per superare lo spavento. Apro qui un post nel post per la narrazione dei fatti.
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Febbraio 2014. Eravamo arrivati al passaggio chiave della via, lo spigolo sud del Cuar appunto:
 quattro o cinque metri di arrampicata sul secondo grado su misto roccia-zolle erbose. Partii io, la mia compagna mi seguiva da sotto. Salii di 4 metri circa, quando ad un certo punto appoggiai, dico solo appoggiai, la mano sulla zolla alla mia sinistra... Sentii la zolla sprofondare lentamente, rimasi un secondo intontito cercando di capire cosa si stesse muovendo. Mi resi conto che il blocco di terra e sassi incastrato in una fessura sotto la zolla d'erba alla mia sinistra stava lentamente scivolando verso il basso. Gridai subito: "Attenta!!". Vidi un masso delle dimensioni di un comodino cadere verso la mia compagna. Lei si buttò prontamente sotto la parete. Il masso più grande, con altri sassi più piccoli e delle zolle di terra, le passò dietro alla testa colpendo di striscio lo zaino e poi rotolò giù dai pendii sottostanti emettendo un un sordo rumore. Quegli istanti per me fu come se fossero durati minuti. Schivato il pericolo le chiesi subito se stava bene e grazie a Dio mi rispose di sì, a parte una botta su un dito e un graffio sulla schiena nella zona che avrebbe dovuto essere coperta dallo zaino. Ci fermammo qualche minuto per decidere cosa fare e capire se era in grado di continuare fino in cima per scendere poi autonomamente per il sentiero normale. Passato lo spavento ripartimmo e arrivammo in cima e dopo breve sosta e iniziammo la via del rientro. Arrivammo all'auto quasi col buio e andammo subito al pronto soccorso per verificare che fosse tutto a posto. Fu una visita veloce e superficiale, ci dissero che per il dito era necessario fare dei raggi X per verificare eventuali fratture ma che saremmo dovuti tornare il giorno dopo. Il tutto si risolse quindi con qualche botta e un bello spavento. Strana la montagna, salendo le cime più ardite e blasonate mai ho avvertito di essere in pericolo o di aver rischiato oltremodo. Mi è successo solo qui, sul monte Cuar, la montagna di casa salita decine di volte.  Rimase per noi un'importante lezione da imparare: le vie poco battute, per quanto possano essere affascinanti per la parvenza selvaggia, (questa via conta una decina di ripetizioni in 10 anni forse) sono più soggette a instabilità, caduta massi e in particolar modo dopo nevicate e abbondanti piogge possono presentarsi in condizioni molto più precarie se confrontate con vie e sentieri ufficiali con alta frequentazione. La montagna può riservare sempre delle sorprese, noi ci proviamo ad addomesticarla per quanto possibile ma... gli imprevisti possono sempre capitare, anche su cime apparentemente semplici e prive di pericoli. Non ci sono foto a testimonianza di quella giornata.
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La salita in questo freddo gennaio questa volta non riserva brutte sorprese. Saliamo dal Cuel di Forchia fino in cima, breve sosta in compagnia di altri due escursionisti. La visuale è ottima come spesso accade nelle secche giornate invernali. Dopo un quarto d'ora scendiamo alla casera e ci fermiamo di nuovo per rifocillarci. Non troviamo questa volta i cavallini che solitamente vivono alla stato brado nei pressi della malga, si saranno rifugiati in qualche caldo antro in attesa della primavera. Infine rientriamo per il bosco e torniamo al punto di partenza chiudendo il solito anello.

Dislivello 600m, salita 1h:15' discesa 45' soste escluse. Poca neve - che non crea problemi -  e solo in cresta sul versante nord.