lunedì 4 luglio 2016

Traversata del Picco di Mezzodì da Ortigara

Si dice che il Picco di Mezzodi sia l'ultima montagna salita dal poeta e alpinista Julius Kugy. L'idea di percorrere questo anello è piuttosto datata ma per motivi diversi i due tentativi precedenti non erano andati a buon fine. La prima volta tentai questo anello assieme a Desy nel 2014. Arrivati però all'Alpe Moritsch dovemmo rinunciare a risalire il canalone che porta a forcella Ratece a causa del grande nevaio che rimane solitamente fino in luglio. Riprovai in solitaria l'anno successivo ma un problema all'auto mi impedì direttamente di arrivare a Ortigara costringendomi a fare retro-front e portare l'auto dal meccanico. Il 4 luglio 2016 parto deciso, le previsioni dicono che sarà una giornata ottima. All'arrivo a Ortigara superiore però mi rendo subito conto che la giornata sarà più grigia di quanto pensassi. Parto e seguo il rio della magica Val Romana, scarto il bivio per la Capanna 5 punte e punto diritto verso la conca sospesa dell'Alpe Moritsch. Le brine mattutine e la completa assenza di sole hanno reso la rigogliosa vegetazione di questo tratto completamente bagnata. Pur cercando di salire schivando rami e frasche non riesco ad evitare di inzupparmi completamente maglietta e soprattutto i pantaloni. Non fosse che l'acqua dai pantaloni poi scende sulle gambe fino ad arrivare ai calzini e agli scarponi la cosa non sarebbe un problema grave. Fatto sta che quanto arrivo all'Alpe Moritsch ho gli scarponi letteralmente inzuppati d'acqua, posso togliermeli e svuotarli dall'acqua a mo' di secchiello. Balena per un attimo il pensiero che anche oggi le cose potrebbero terminare con una ritirata... Entro nella zona grigia di nubi vaporose che diventano via via più fitte mano a mano che mi avvicino a forcella Ratece. Fortunatamente il famoso nevaio quest'anno è ben poca cosa e mi permette di risalire il delicato canalone - due movimenti un po' delicati su rocce bagnate attorno al II grado inferiore. Superata la forcella le difficoltà risultano più contenute e anche l'aria circostante assume un tono meno grigio. E' segno che poco sopra di me c'è il sole che sta provando a farsi spazio. Mi fermo sul sentiero qualche minuto per bere e mangiare qualche cosa a veloce rilascio energetico. Riparto dopo 20 minuti per la cima che raggiungo in circa mezz'ora. E' circa l'una, ci ho impiegato circa 3 ore e 30 a salire. Non male come tempo considerando le difficoltà. Sulla cima il sole è più vicino, ci sono dei momenti in cui il cielo sopra di me è completamente sgombro di nuvole, sebbene il panorama verso il Mangart e le Ponze completamente oscurato da altri nuvoloni. Non si sta male, decido di fermarmi qui, togliere scarponi e calzini e aspettare finché non riuscirò a vedere il Mangart. E' solo questione di tempo, so benissimo che in queste giornate alle 17 il cielo si ripulisce completamente di queste nuvole vaporose. Attendo la bellezza di tre ore, facendo qualche foto e cercando di asciugare quanto più possibile gli scarponi. Togliendo i calzettoni infatti arriverò a casa con una leggera scottatura ai piedi... Mi sono dimenticato di spalmarci su un po' di crema solare! Alle 16 circa le ultime nuvole si squagliano come neve al sole ed eccolo lì finalmente, davanti a me.. Il Mangart! Mi sembra addirittura di riuscire a vedere degli escursionisti sulla cima tanto è tersa l'aria.... Faccio le ultime foto poi decido di iniziare la discesa che si presenta piuttosto lunga. Scenderò infatti sul versante dei laghi fino a sella Colrotondo lungo la via normale, poi per sentiero e mulattiera arriverò fino a Ortigara e infine alla macchina. Dopo un'ora e mezza circa sono all'auto, durante il rientro riesco a fare ancora alcune bellissime foto, la giornata grigia pregustata in mattinata è oramai solo un ricordo (sebbene calzini e scarponi ancora pesantemente bagnati siano ancora molto reali...). 

Anello del Picco di Mezzodì da Ortigara


































 

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